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Massaggio vietato su una donna, la cecità non salva l’osteopata: è violenza sessuale; Depositata il 9 febbraio 2021

Toccamenti hot dell’osteopata ai danni di una donna che ha chiesto il suo aiuto per combattere una fastidiosa cefalea. Consequenziale la condanna per violenza sessualeIrrilevante la sua condizione di cecità: ciò non può escludere, difatti, la volontarietà della condotta tenuta nei confronti della donna (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 5043/21; depositata il 9 febbraio2021).

Ricostruito l’episodio incriminato, verificatosi nello studio dell’osteopata, i Giudici di merito ritengono, sia in primo che in secondo grado, evidente la colpevolezza dell’uomo per il reato di «violenza sessuale».

Col ricorso in Cassazione, invece, il legale contesta «l’elemento soggettivo del reato», sostenendo la tesi della «involontarietà del gesto compiuto dall’uomo – osteopata non vedente – nel massaggiare la paziente» e richiamando, a questo proposito, il dato non secondario della «cecità» dell’uomo.

Chiara la tesi proposta dal difensore dell’uomo: obiettivo è vedere riconosciuta «l’involontarietà della condotta, concretizzatasi nel compimento di atti oggettivamente sessuali nei confronti della paziente».

Dal ‘Palazzaccio’ ribattono però che attraverso le dichiarazioni della persona offesa si è potuto appurare che ella, «rivoltasi all’osteopata per un ciclo di trattamenti contro la cefalea», durante una seduta di massaggi fu costretta a subire, mentre «si trovava sul lettino in reggiseno e mutandine», alcune condotte invasive e dal chiaro tenore sessuale ad opera dell’uomo. Più precisamente, quest’ultimo «la afferrò stretta stretta e ad un certo punto le toccò il gluteo» e «verso la fine del massaggio la toccò all’interno delle mutandine». In aggiunta, poi, si è anche accertato che «con un braccio l’uomo aveva serrato il seno della donna e, a un certo punto, si era toccato i genitali».

A sostegno del racconto fatto dalla donna, poi, anche il parere del consulente tecnico della difesa, che ha escluso che «il trattamento delle cefalee richieda contatti con le zone genitali o il seno».

Logico dedurre, quindi, che «i toccamenti pur fugaci sul seno e dentro le mutandine erano certo intenzionalinon potendo essere in alcun modo connessi alle pratiche osteopatiche», ribadiscono dalla Cassazione. E questa considerazione rende irrilevante anche il richiamo difensivo alla cecità dell’uomo, preso atto della «chiara intenzionalità della condotta» incriminata.

Di conseguenza, va confermata la condanna dell’osteopata per il reato di violenza sessuale compiuto ai danni della donna, non potendo cambiare la lettura dell’episodio il richiamo alla condizione di non vedente dell’uomo.