Sul tema, la Suprema Corte con la sentenza n. 6552/21, depositata il 19 febbraio.
Il Tribunale di Palmi condannava un imputato per i reati di omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, tentato omicidio dell’unico testimone di quanto accaduto, detenzione e porto di arma comune da sparo. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ribaltava la decisione, ma la pronuncia veniva annullata dalla Corte di Cassazione.
La vicenda è dunque tornata all’attenzione della Corte d’Assise calabrese quale giudice del rinvio. La Corte confermava dunque la condanna.
L’imputato ricorre dunque in Cassazione, lamentando sia la violazione dell’art. 603 c.p.p., in quanto la Corte d’Assise d’Appello sarebbe venuta meno all’obbligo di rinnovare dinanzi a sé la prova dichiarativa da parte del testimone oculare dei delitti; sia la violazione degli artt. 192 c.p.p. e 575 c.p. per l’illogicità e carenza nella valutazione del compendio indiziario operata dalla Corte territoriale.
La Suprema Corte ha affermato, a riguardo, il seguente principio di diritto: «nel giudizio di rinvio, qualora, in presenza di una pronuncia di condanna emessa in primo grado, si produca un ribaltamento tra le decisioni d’appello, la prima, assolutoria, poi annullata, e la seconda, di condanna, emessa all’esito del giudizio di rinvio derivato dall’annullamento da parte della Corte di Cassazione, in relazione a quest’ultimo non sussiste l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, poiché in tal caso si configura un’ipotesi di “doppia pronuncia conforme” che salda la condanna all’esito del giudizio rescissorio con quella emessa dal primo giudice».
Per questo motivo, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.